È una fase fondamentale per testare la validità del modello di business messo a punto da una azienda e accertarne la scalabilità. Poi, il franchising può partire a tutto gas.
Avete presente il rapporto tra un pilota di Formula uno e la sua squadra corse? Lui testa l’auto in pista e riferisce ai tecnici dove bisogna intervenire, per migliorare le performance del mezzo e vincere la gara. Succede anche con i concept messi a punto da un’azienda, per un possibile sviluppo in franchising. La fase di test con i primi negozi, ristoranti o centri aperti, sul mercato, si chiama pilotage e si rivela preziosa per la potenziale rete affiliante e per i futuri affiliati.
Per capire meglio di cosa si tratta, poniamo alcune domande a Sal Costa Pasqualino, consulente di direzione aziendale, con una specializzazione nel retail food, partner di Scp Food Consultant. Sal supporta le aziende con consulenze strategiche. In particolare, collabora dal 2012 allo sviluppo di Ca’ Pelletti, il progetto food retail del Gruppo Surgital, produttore italiano di pasta fresca surgelata. Ca’ Pelletti è un concept di ristorazione italiana che l’azienda ha messo sul mercato da oltre 10 anni e conta sei ristoranti di proprietà. Da pochi mesi Cà Pelletti, con il supporto di Affilya, sta iniziando a selezionare i primi candidati per il pilotage, con l’obiettivo di testare il format nato dalla sintesi delle esperienze dirette dell’Azienda, per poi sviluppare la rete in franchising.
11domande a Sal Costa Pasqualino, consulente di direzione aziendale

Che cosa significa “pilotage”?
È il periodo che precede l’avvio del sistema franchising e che consente all’aspirante franchisor di perfezionare la sua formula prima di proporla a veri e propri affiliati. Coinvolge l’azienda affiliante e, in caso si decida di affidarla a terzi, uno o più partner di pilotage.

Sono affiliati?
Sono imprenditori, investitori terzi che sottoscrivono con l’azienda un contratto definito di pilotage per il franchising o di pre-franchising. Dopo il periodo di pilotage, se questa fase avrà soddisfatto entrambe le parti, potranno diventare franchisee veri e propri, affiliati tradizionali a tutti gli effetti. Oppure no, se il pilotage non ha funzionato. In questo caso, il pilota potrebbe procedere da solo con un’insegna sua, o vendere a terzi, recuperando in parte o del tutto i suoi investimenti. Anche l’azienda affiliante potrebbe decidere che il franchising non va sviluppato perché il test non è in linea con quanto ipotizzato nel business plan. Allora, potrebbe chiudere il progetto oppure riprovarci in altro modo, avendo capito dove ha sbagliato e come fare meglio.

Quanto può durare il pilotage?
Per il tempo necessario a un’adeguata sperimentazione del format, fino ad ottenere risultati positivi. In genere dura da uno a tre anni.

Lo impone la legge sul franchising?
La legge richiede che il franchisor abbia un know-how sperimentato e di successo. La fase di pilotage non è strettamente obbligatoria per legge, ma è una prassi operativa fortemente consigliata per presentarsi con la massima efficienza e in totale trasparenza nel mercato del franchising. In particolare, quando un’azienda passa dalla gestione diretta di punti vendita a contratti di franchising, ha la responsabilità di proporre a terzi un know-how che funzioni al meglio. Le aziende più scrupolose utilizzano il pilotage per ottimizzare la parte di standardizzazione delle procedure del franchising con l’aiuto di partner nel ruolo di pilota. Così il passaggio del know-how ai futuri franchisee potrà avvenire in modo non traumatico ed efficace.

Quali sono le fasi nel pilotage?
La prima è la preparazione e l’avviamento dell’unità pilota, che deve riproporre fedelmente le caratteristiche del format che si intende scalare. La seconda è il monitoraggio dell’andamento dell’attività, per verificare il funzionamento dei vari processi, le vendite, i risultati economici. Terza e ultima è la validazione finale di tutti gli elementi del format e della formula: formazione, supporto dell’azienda, rapporto coi fornitori, marketing. Il sistema deve funzionare in ogni sua parte per portare a risultati positivi, sia economici sia qualitativi. La validazione si concretizza in particolare attraverso i bilanci: solo così, al raggiungimento dei risultati economici previsti dal business plan, il pilotage dimostra che il know-how c’è ed è stato trasferito a terzi con successo.

Per Ca’ Pelletti, a che punto siete?
Stiamo selezionando due soggetti, nel Centro-Nord Italia, per la partenza del pilotage tra il 2025 e l’inizio 2026. Non è un ruolo per tutti: l’investimento totale per un punto di pilotage si aggira sui 500mila euro e le competenze richieste sono di alto livello.

Come collabora l’azienda con il partner di pilotage?
L’obiettivo è sperimentare la formula. Un affiliante può farlo con uno o più punti di proprietà e poi passare al franchising. Oppure può coinvolgere nella sperimentazione uno o più partner, riservando a questi interlocutori condizioni favorevoli, dovute al ruolo che sono chiamati a svolgere. Le condizioni sono da trattare, caso per caso. In genere sono fee, royalty e investimenti meno onerosi. I primi partner sono “collaudatori consapevoli” . La sperimentazione del modello di business e il trasferimento di esperienza a terzi non sono processi banali. Il pilota “esterno” aiuta a perfezionarli e a standardizzare la formula.

Svantaggi e vantaggi per il pilota?
Svantaggio: è “un pioniere” che accetta di affrontare per primo una sfida con il rischio di pagare anche un minimo di eventuale inesperienza da parte dell’azienda. Vantaggi: entrare con un trattamento di favore e un’attenzione particolare, in una catena che è già attiva da anni con successo, potendo poi coglierne tutte le opportunità da una posizione privilegiata.

Quali sono i segnali che un’azienda è pronta per un pilotage?
Uno: ha un modello di business che, almeno sulla carta, ha tutto per poter funzionare. Due: propone un’attività vincente e replicabile altrove. Tre: ha l’ambizione di sviluppare il proprio modello di business in Italia e nel mondo.

Qual è la parte più critica, per l’affiliante?
Far raggiungere al pilota buoni risultati economici, in relazione agli obiettivi. Un modello vincente sulla carta deve essere sperimentato sul mercato. Il pilotage conferma se le scelte fatte sono giuste. Con un partner esterno che fa da pilota, le criticità aumentano. Va scelto bene: attitudini da pioniere e trasparenza sui risultati, per dare i feedback necessari all’azienda, rivelare i problemi e contribuire a risolverli.

Quando si capisce che il pilotage ha funzionato?
Quando, dopo un periodo di tempo adeguato, i risultati economici reali si avvicinano o addirittura superano quelli previsti sulla carta. Gli indicatori più immediati sono ad esempio gli incassi giornalieri, mensili, semestrali e lo scontrino medio. Se tutto funziona come previsto nel business plan, arriva la validazione e si può andare sul mercato con una proposta di franchising definitiva. Sono ancora poche le aziende che fanno pilotage, sia in maniera diretta che tramite investitori terzi. Questa fase delicata spesso si scavalca e i malcapitati primi affiliati fanno da “collaudatori inconsapevoli”. Noi abbiamo preferito fare un accurato pilotage diretto con i locali di proprietà e oggi siamo pronti ad aprirci ad investitori terzi, dichiarando in modo trasparente la nostra volontà di sperimentare insieme a loro il nostro format, con un rapporto di pre-franchising.










