Le 5 componenti indispensabili per evitare il flop 

Le 5 componenti indispensabili per evitare il flop

Alcune caratteristiche di fondo accomunano i progetti di successo, indipendentemente dalla tipologia di attività, dal settore, dal modello di business, dalla storia dell’azienda proponente, dalle dinamiche di sviluppo della rete.


Come la costruzione di una casa non può prescindere da solide fondamenta, così una rete di franchising non può fare a meno di cinque elementi, che possono essere definiti come presupposti fondamentali di progetto.

Il primo consiste nell’originalità del concept (detta anche Unique Selling Proposition) , che conferisce al progetto caratteristiche di innovazione, di unicità, di caratterizzazione, di distintività rispetto all’offerta esistente. Il nuovo progetto deve possedere un valore aggiunto, un differenziale di capacità competitiva rispetto a quanto offerto dal mercato in cui viene proposto. Questo plus può scaturire da prodotti, servizi, metodi, brevetti, attrezzature, ma anche attraverso mix di prodotto/servizio, tecniche di marketing, forme di comunicazione, marchi e segni distintivi, lay-out, cornice del locale. Numerosi sono i settori ancora inesplorati in cui l’applicazione del franchising potrebbe avere proficui risultati, ma altrettanto numerosi sono i settori in cui il franchising è ampiamente sviluppato e nei quali un  franchisor potrebbe imporre la sua unicità e la sua carica innovativa .

L’originalità di un progetto può essere frutto di intuizioni, di ricerche, di imitazione migliorativa di concept esistenti, di approcci creativi all’attività, di un lavoro graduale di perfezionamento e di ottimizzazione di un determinato modello di business . L’aspetto più importante è che il nuovo format consenta ai futuri affiliati di avviare un’impresa in condizioni di forza e di vantaggio concorrenziale. Necessariamente ciò è il risultato di un’esperienza applicata e sperimentata con successo e non di idee stravaganti, di novità fini a se stesse, di tentativi improbabili fatti sulla pelle di sprovveduti affiliati.

Proprio l’esperienza è il secondo presupposto fondamentale di progetto. Il contratto di franchising giustifica la propria esistenza nella cessione di know-how, cioè nella dimostrazione che il franchisor dà al franchisee della propria capacità di avviare e gestire efficacemente un’impresa con determinate caratteristiche, definite standard progettuali. Ciò significa che il franchisor, per definirsi tale, deve aver sperimentato la propria idea di business e deve averne verificato il successo, attraverso proprie unità che vengono appunto chiamate pilota o di pilotage e che rappresentano il prototipo o il modello ideale di ciò che gli affiliati dovranno riproporre. Così come un maestro di sci per vendere le proprie lezioni ai principianti deve almeno dimostrare di saper sciare, il franchisor deve mostrare all’aspirante franchisee di sapere come far funzionare l’idea di business, avendone sperimentata per primo e personalmente l’efficacia.

L’esperienza del franchisor non può e non deve essere limitata al settore, ma deve essere estesa ad una conoscenza approfondita del modello di business che ha messo a punto. In altre parole, per fare il franchisor nel campo della moda non basta essere un bravissimo fabbricante di vestiti, ma occorre dimostrare di saper gestire con successo un negozio di abbigliamento. Il pilotage deve inoltre esprimere risultati ben superiori a quelli attesi e auspicabili per gli affiliati, dovendosi considerare fisiologica una dispersione di efficacia dovuta al trasferimento di know how a terzi, in ambiti e situazioni differenti da quelle sperimentate. Non ha nessun senso cercare di sviluppare reti basate sui risultati incerti o altalenanti di attività mediocri e neanche tentare di riprodurre standard di progetto che sono risultati validi solo in determinate e particolari circostanze.

La precedente considerazione introduce un terzo presupposto fondamentale, cioè la replicabilità. Il successo di una singola impresa può dipendere da circostanze favorevoli, da opportunità particolari, da capacità personali dell’imprenditore, da specifiche condizioni di un determinato mercato, da rendite di posizione, da mix di prodotti o servizi unici e inimitabili. La business idea diventa un progetto di franchising solo dopo aver verificato che esiste la possibilità di riprodurre efficacemente, in altri luoghi e in differenti situazioni, la stessa impostazione vincente. Si deve inoltre considerare che una rete di franchising giustifica economicamente la sua esistenza solo sopra una determinata soglia critica di unità affiliate (repliche), differente da progetto a progetto. È dunque fondamentale accertarsi che il mercato di riferimento permetta sufficienti opportunità di replica, in numero almeno superiore alla soglia minima di sopravvivenza del progetto stesso (break-even point del numero di unità affiliate).

In molti casi i costi d’impianto del sistema franchising e i costi di gestione della rete rendono economicamente conveniente il ricorso al franchising solo al di sopra delle 20/50 unità affiliate. Ciò significa che il mercato in cui il franchisor si colloca deve avere un numero di localizzazioni potenziali (ovvero di luoghi adatti all’avvio di un’unità affiliata) abbondantemente superiore al minimo suddetto. Il concetto di replicabilità ha anche a che fare con la variabile “tempo”. Un progetto di franchising per la sua realizzazione e la sua resa a regime ha quasi sempre una logica di medio/lungo periodo. Nei settori più soggetti a mode o a evoluzioni repentine, può accadere che i fattori che hanno portato al successo le unità pilota si modifichino così velocemente da rendere meno efficaci le future repliche. Il progetto deve dunque possedere caratteristiche di replicabilità a lungo periodo, per consentire il consolidamento della rete sul mercato.

La replicabilità di un sistema è strettamente correlata ad un quarto presupposto fondamentale del progetto, ovvero la standardizzazione. I franchisor di successo hanno saputo codificare gli elementi vincenti della propria formula per poi riprodurli con adeguata efficacia nelle unità affiliate. Non tutte le idee di business si prestano ad una standardizzazione. In qualche caso il successo dipende da un numero di variabili troppo elevato per dare sufficienti garanzie ad un potenziale affiliato. In altri casi l’articolazione del concept è così complessa da rendere economicamente non conveniente il trasferimento del know-how a terzi, essendo troppo lungo e costoso il percorso formativo a cui sottoporre il franchisee.

Ci sono molti imprenditori vincenti che non sono o non sarebbero in grado di ricondurre a un metodo e a uno standard i delicati equilibri che hanno consentito il successo della loro impresa. Ma non può esistere una rete di franchising senza un sistema di regole, di standard operativi, di codici di comportamento che ne uniformi e ne caratterizzi la presenza sul mercato.

Ultimo tra i presupposti di un progetto di franchising, non meno importante, è l’organizzazione, intesa come un adeguato sistema di risorse umane ed economiche orientato alla realizzazione degli obiettivi d’impresa e di rete. Costruire e consolidare un progetto di franchising richiede i tempi, le attitudini, le capacità di coordinamento, le strategie e i mezzi tipici di ogni processo articolato e complesso. Come già detto, ciò non significa necessariamente che le reti di successo possano solo nascere da grandi aziende. Anche piccole e medie imprese possono diventare franchisor, purché sorrette fin dalle origini da un sistema organizzato e, come si dice, franchise-oriented.

Le strutture dei sistemi di franchising vincenti sono costruite in modo agile, flessibile, dinamico, con l’obiettivo di seguire le evoluzioni di mercato e la crescita della rete di affiliati. Una crescita che non può avvenire senza i presupposti fin qui considerati e senza la contemporanea soddisfazione dei suoi tre principali protagonisti: franchisor, franchisee, clienti o utenti finali.

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