Il master che cresce e fa crescere

claudia kids6us

Un master di un brand estero stimola lo sviluppo imprenditoriale. I consigli di Claudia Torrisi, ex master, oggi multifranchisee e vicepresidente di Federfranchising

Fiducia nel franchising, esperienza personale, desiderio di condividerla. Claudia Torrisi, vicepresidente di Federfranchising, associazione italiana che unisce franchisor e franchisee in un’ottica di crescita comune, ha tanto da comunicare e insegnare. In effetti, nell’associazione ha anche una delega alla formazione e si impegna quotidianamente per la diffusione della cultura dell’affiliazione.

Claudia Torrisi è stata per 7 anni master franchisee per l’Italia della catena spagnola Kids6Us, poi ha scelto di rimanervi come affiliata e affiancare alla sua scuola di lingue a Roma l’affiliazione a un’altra catena, Yellow Korner, che propone foto d’autore in edizioni limitate.

Che cosa l’ha spinta a sviluppare in Italia Kids6Us?

Claudia Torrisi : Nel 2011 sono tornata in Italia, dopo 20 anni all’estero. Cercavo una scuola per le mie figlie e non trovavo proposte innovative. Kids&Us aveva già decine di centri per l’apprendimento dell’inglese da uno a 18 anni, in Spagna. Li contattai e proposi di aprire un punto pilota a Roma. Dopo un anno di crescita, abbiamo allargato il punto di vista: il nostro accordo prevedeva la creazione di un’azienda master, di cui io avevo una partecipazione. Mi hanno lasciato piena autonomia. Dal 2011 non sono più master, ma ho mantenuto il punto pilota come affiliata.

Nel 2017 la maggioranza di Kids6Us è stata acquisita dalla società di venture capital Corpfin. Nel 2022, una nuova acquisizione, da parte di Charterhouse Capital Partners. Lo sviluppo in Italia dal 2018 è curato da Kids6Us Italy, che ha ampliato la rete fino a 94 scuole. Il brand è presente in 11 Paesi, con circa 700 scuole. Spesso da affiliati si diventa affilianti.

Lei da master è diventata franchisee…

Claudia Torrisi : Una scelta determinata da questioni personali. Il ruolo mi impegnava molto nella parte di business, era lontano dalla mia personalità e mi allontanava dal mio grande amore, l’insegnamento, le relazioni con le famiglie.

Che competenze servono per diventare master di una catena estera?

Claudia Torrisi : Dipende dal marchio e dal supporto della casa madre. Indispensabili un’ottima conoscenza del prodotto e un’esperienza pratica di almeno uno, due anni in un punto vendita. Così si è più credibili e si capisce come adattare un modello a un territorio. Anche se Spagna e Italia sono Paesi simili, il format richiede alcune modifiche. Conoscere un territorio significa anche conoscere chi ci vive, la clientela, le istituzioni, le banche, le associazioni di categoria. Per acquistare i diritti di master servono capitali, ma dipendono dal valore Paese e dall’investimento prospettato. A discrezione dell’azienda, possono essere dilazionati, dipende dalle politiche e dalla forza del brand. Consiglio una formazione economica e imprenditoriale e competenze trasversali, utili per gestire le persone. Gli affiliati non sono dipendenti, ma imprenditori che vogliono lavorare in autonomia, dimenticando a volte che ci sono regole da seguire: è una difficoltà relazionale aggiuntiva.

Come muoversi nelle fasi di prima conoscenza con la catena da importare in Italia?

Claudia Torrisi : Conoscere il prodotto e innamorarsene. Visitare la casa madre e incontrare le persone che ci lavorano. Viaggiare nel Paese di origine del brand e parlare con i franchisee locali». Quali sono i segnali di affidabilità o di pericolo da cogliere? «Bisogna capire se si tratta di una vera formula di franchising “win-win”, dove entrambi i partner hanno vantaggi e l’obiettivo è il successo di tutti. Studiare bene il format, come si consiglia anche a un aspirante affiliato. Analizzare il contratto, il manuale operativo, il know how trasmissibile, una corretta divisione dei rischi dello stock, eventuale merce in conto vendita, i servizi, royalty non fisse ma percentuali sul fatturato.

Come funziona l’accordo di master?

Claudia Torrisi : Il contratto è simile a quello tra affiliante e affiliato, regola il rapporto con tra azienda e master e anche quello tra master e franchisee. Indica le aspettative di vendita, la modalità di gestione della rete sul territorio, un piano di sviluppo concordato. Tutto è personalizzabile.

Compiti e obblighi del master franchisee?

Claudia Torrisi : Deve impegnarsi nello sviluppo delle rete e dare servizi, controllare la qualità del lavoro e tutelare l’immagine di marca sul territorio, individuare le problematiche e intervenire nel modo previsto o pattuendo strategie.

L’Italia è un paese difficile per un nuovo master?

Claudia Torrisi : Ogni territorio ha i suoi pro e contro. È una diceria che in Italia sia tutto difficile, dipende da quello che vuoi fare e portare. Ci sono molte opportunità, anche se le caratteristiche del territorio possono complicare alcuni aspetti della logistica. Altri aspetti, invece, sono più semplici. Sulla burocrazia, anche in Spagna non scherzano. Semmai in Italia è più complicato reperire informazioni e fare studi di mercato. Le associazioni di categoria possono dare un grande aiuto. Ora che ho ruolo istituzionale, sento ancora più forte il dovere di condividere quello che ho sperimentato e capito.

L’Italia è ancora ricettiva per la diffusione di nuove insegne nate all’estero?

Claudia Torrisi : Assolutamente sì. Quando viaggio devo frenarmi, c’è ancora tantissimo da importare, franchising e non. Ora però manca lo spirito imprenditoriale, tutto è faticoso.

A che Paesi guardare per cercare il partner giusto e diventarne master?

Claudia Torrisi : In Spagna ci sono moltissime catene innovative, per prodotti e servizi. Gli Usa sono sempre stati interessanti, vedremo dove porteranno le nuove politiche presidenziali. In qualsiasi parte del mondo si trovano opportunità. Anche in Europa e in Italia, dove idee carine possono trasformarsi in franchising e andare all’estero. Peccato per l’attuale momento di stagnazione economica, la decrescita nel numero dei punti vendita e delle insegne. Cerchiamo di stimolare lo spirito imprenditoriale, soprattutto nelle donne. Se vogliamo imprese più giuste, eque e sostenibili dobbiamo farle noi e sognare in grande.

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