Negli Stati Uniti, oggi, ci sono circa 43.230 franchisee che detengono 239.684 unità in franchising, (più del 57 del totale delle unità in franchising).
La maggior parte di questi franchisee gestisce da 2 a 5 attività in franchising, ma ci sono alcuni di loro che arrivano ad averne più di 50, come si evince dalla tabella sotto, realizzata da Frandata, società specializzata nelle analisi sul franchising Usa e internazionale. Le spiegazioni di Luca Fumagalli, Senior Franchise Consultante eam Affilya.
Se pensiamo agli Stati Uniti come ad un Paese che spesso anticipa tendenze che poi si diffondono e raggiungono anche l’Italia, questi dati fanno riflettere, al di là delle differenze dimensionali e culturali. Anche tenendo conto della più ampia diffusione del franchising, del diverso grado di conoscenza e di apprezzamento della formula e, infine, della maggior storicità del fenomeno negli Usa, è lecito immaginare che anche in Italia si possano diffondere sempre di più i cosiddetti MUO, multi-unit operators.
Chi sono i MUO?
In un mercato come quello americano nel quale operano numerosi franchisor in grado di garantire solidi ritorni dagli investimenti, l’evoluzione naturale di alcuni franchisee è stata l’apertura di una seconda e magari una terza unità affiliata, dopo il successo della prima.
Questi operatori che hanno “sposato” un brand, favorendone lo sviluppo con aperture multiple sono definiti appunto multi-unit franchisee, o MUF.
Negli ultimi quindici- vent’anni la scelta è stata favorita dal diffondersi di una mentalità più imprenditoriale nelle giovani generazioni che si sono avvicinate al franchising. Attirati dalla possibilità di utilizzare il know-how e la notorietà dei brand per affermarsi e scalare rapidamente, numerosi operatori con una forte propensione alla crescita hanno visto nel franchising un efficace strumento di affermazione imprenditoriale.
Cosi, decine di migliaia di imprenditori sono diventati franchisee con l’obiettivo di trasformarsi presto in MUF da 2, 5, 10, 50 e più unità affiliate.
Da MUF a MUMBO
I franchisor inizialmente hanno cavalcato questo fenomeno, per tante buone ragioni. Chi apre una seconda unità affiliata è soddisfatto del brand, ha fiducia nel franchisor, ha dimostrato di saper operare efficacemente e, non ultimo per importanza, ha un’attività avviata con successo che garantisce affidabilità sul versante finanziario e bancario. Dunque per il franchisor è molto più facile aprire una seconda o terza unità con qualcuno che lo ha già fatto: serve meno training, i rapporti sono già consolidati, c’è una azienda già strutturata e capace con cui dialogare. Questi i “pro”, ma non mancano i “contro”. Man mano che i MUF crescevano, infatti, aumentava anche il loro potere all’interno delle reti e nei confronti dei brand. Da qui la scelta di alcuni franchisor di limitare la crescita interna dei multi-unit franchisee per evitare squilibri rispetto ai single-unit franchisee e per diminuire i rischi di perdita di controllo (negli Usa si dice: non mettere tutte le uova in un solo cestino). Dal canto loro, i MUF si sono resi conto da un lato di poter crescere ancora per poter sfruttare appieno la struttura organizzativa creata per gestire le operations di più attività, dall’altra di avere la necessità di diversificare per non essere legati a doppio filo alla sorte del loro franchisor. Sono nati così i cosiddetti MUMBO: multi-unit multi brand operators.
Molto più che franchisee.
Tutti questi acronimi possono creare confusione, dunque è forse il caso di riepilogare. I MUF sono franchisee che hanno aperto più unità affiliate di un determinato marchio. Dal loro sviluppo sono nati i MUMBO, che hanno unità affiliate a più marchi in uno stesso settore e, a volte, in settori diversi. MUF e MUMBO sono definiti più in generale MUO. Dal 2010, come descritto nella tabella sopra, i MUO di più piccole dimensioni sono aumentati decisamente. Ma anche quelli più grandi sono cresciuti, sia pur con numeri più modesti. Il dato che sorprende di più è tuttavia quello che riguarda i MUO da 50 unità in su, aumentati di quasi il 260%. In alcuni casi la crescita è stata fenomenale. La tabella successiva riporta i primi 10 MUMBO nella classifica americana. Il più “piccolo“ di loro gestisce 523 unità di 6 marchi differenti, mentre il più grande, Flynn Group, opera con più di 2,700 attività sia negli Usa che in Australia. Flynn Group genera circa $ 4,5 miliardi di fatturato e $ 450 milioni di EBITDA. Il suo portafoglio oggi è composto da 7 marchi: Applebee’s, Panera Bread, Taco Bell, Arby’s, Wendy’s, Pizza Hut, e, più recentemente, Planet Fitness.
Evoluzione continua
Come possiamo constatare, il fenomeno non smette di evolversi: da single-unit franchisee a multi unit, da multi-unit a multi-brand, da multi-brand in un solo settore (es. ristorazione) a multi-brand in più settori, da MUO locale a regionale, da regionale a nazionale, da nazionale a internazionale o, addirittura, a globale. Lo sviluppo dei MUO infatti non è solo un fenomeno degli Stati Uniti. In tutto il mondo si segnalano operatori di questo genere, che hanno agevolato l’ingresso e l’affermazione dei grandi marchi internazionali anche in Paesi con economie e culture molto diverse da quella occidentale. L’Europa stessa è interessata dalla presenza di MUO, sia pur con dimensioni più contenute rispetto agli Stati Uniti e con dinamiche più recenti.
La realtà italiana
Il franchising in Italia è partito con un vero e proprio handicap iniziale, dovuto all’etichetta sbagliata che gli venne appiccicata tra gli anni settanta e gli anni ottanta, quando questa formula incominciò a diffondersi anche da noi. Da allora, quando in Italia si descrive la figura del franchisee, spesso si pensa a qualcuno “a cui manca qualcosa” per essere un vero imprenditore: un giovane inesperto, un disoccupato in cerca di collocazione, chi non ha i capitali per mettersi in proprio “sul serio”, e via discorrendo. La notizia è che anche da noi, negli ultimi anni, stanno emergendo figure totalmente opposte al cliché del franchisee appena descritto. Brand molto solidi, italiani e internazionali, hanno favorito la nascita e lo sviluppo di MUF e di MUMBO, che stanno cominciando a strutturarsi con organizzazioni e capitali da “grande impresa del retail”. Il fenomeno è ancora agli inizi, ma rappresenta un segnale importante, di maturità e di crescita, per il mondo del franchising italiano.